Con il suo stile tagliente, ironico e profondamente umano, Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta, autore di numerose pubblicazioni, ha guidato il pubblico del Festival della Famiglia in una riflessione sul ruolo genitoriale, tra aspettative irrealistiche e il bisogno di autenticità. Per Poli essere buoni genitori non significa essere perfetti, significa smettere di sentirsi in colpa.
"Abbiamo delle debolezze affettive che ci condizionano - ha detto - che taroccano il "software" della condizione genitoriale e non realizzano il bene educativo dei figli. Lo facciamo incosapevolmente, quindi la prima cosa da fare è diventare consapevoli degli errori che facciamo".
| "Il vero errore? Credere che i figli siano perfetti e che basti amarli per renderli felici. Invece i figli nascono difettosi, come tutti noi. Hanno un temperamento, un software preinstallato con dentro dei virus. Non tutto è responsabilità dell’educazione. Oggi i genitori vivono nel panico: temono che il figlio si senta poco amato, che perda l’autostima, che diventi, scherza Poli, come lo zio degenere, ovviamente del marito. Ma educare vuol dire accettare anche il rischio del dolore. Non si può evitare tutto. I genitori devono accettare che l'educazione abbia dei limiti". Secondo Poli bisogna ricordare ai figli che anche loro hanno dei doveri e non avere paura di dirgli la verità. Invece, dire la verità è fondamentale. Il troppo amore, senza misura, è dannoso. La virtù dimenticata è la temperanza: come una medicina, l’amore va dosato. Stare sempre addosso al figlio, sostituirsi a lui nei compiti lo rende fragile, non lo aiuta a crescere. "I genitori sbagliano spesso in buona fede, senza accorgersene, perché condizionati da paure, sensi di colpa e convinzioni distorte sul loro ruolo. Questi “virus” educativi li portano a fare troppo o troppo poco, a proteggere o controllare eccessivamente, o a sentirsi sempre responsabili di tutto. A complicare le cose c’è l’idea errata che i figli siano il risultato diretto dell’educazione, mentre hanno un temperamento e dei limiti propri fin dalla nascita. Riconoscere i propri automatismi, i difetti dei figli e la non onnipotenza educativa è il primo passo per essere genitori “sufficientemente buoni”, non perfetti. "Stare sempre addosso al figlio, pomparlo di lodi, non c’entra con l’amore ha detto ancora Poli. Il problema numero uno delle famiglie è la mancata di distinzione fra l’aiuto dovuto e il rimpiazzo nei compiti a casa. Incontro madri - ha aggiunto suscitando le risate del pubblico - che studiano a memoria i fiumi della Basilicata". "Non tutto dipende dalle nostre capacità pedagogiche - ha concluso Poli - come se il figlio fosse un foglio bianco su cui scriviamo la sua storia. Invece no. Ogni individuo nasce con un software preinstallato. Si chiama temperamento e dobbiamo sapere che contiene dei virus, come quelli che infettano i pc. Non tutto è dovuto allo scarso amore, alla scarsa comprensione e alla scarsa vicinanza emotiva dei genitori. Più dei figli dobbiamo amare la verità e la giustizia". |
| (fm) |