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Idee coraggiose contro il calo della natalità

Gli incentivi monetari non sembrano funzionare nel modificare i tassi di fertilità. È ora di cercare altre soluzioni

A cura del Prof. Matteo Rizzoli – avvenire.it

Di fronte alla sfida del calo dei tassi di natalità e del declino demografico, spesso ci pervade un senso di impotenza. Gli studiosi della popolazione ci insegnano che la demografia è un processo lento ma dotato di una forza inerziale travolgente: una volta che una tendenza demografica è messa in moto, è difficile che sia reversibile. Oggi assistiamo ad un trend di natalità in calo che colpisce sostanzialmente tutte le nazioni sviluppate e se guardiamo ai tassi di fecondità notiamo le differenze tra nazioni come Francia e Svezia che hanno lavorato di più per attuare politiche familiari all’altezza della sfida (tassi di fecondità pari a 1,86 e 1,66 rispettivamente) e i paesi colpevolmente in ritardo su questo fronte come sicuramente l’Italia (tasso fermo a 1,24), sono limitati a pochi decimali (ancora sufficienti per passare da un lieve calo a un precipizio). Senza considerare il caso estremo di Singapore che, nonostante abbia le politiche di natalità più generose di tutta l’Asia, è ferma a un tasso di fertilità di 1,1.

Le vie tradizionali delle politiche familiari che in un modo o nell’altro ruotano attorno a trasferimenti di denaro (detrazioni fiscali, assegni familiari) o alla fornitura diretta di beni e servizi (asilo nido gratuito, congedo parentale) sembrano inefficaci. Forse è giunto il momento di individuare politiche più coraggiose, che non si limitino a rendere meno costosa la scelta di avere figli, ma siano piuttosto riforme strutturali volte a modificare gli assetti istituzionali, per promuovere un ambiente favorevole alla crescita demografica e alla prosperità familiare. Un articolo scientifico del demografo Paul Demeny, pubblicato nel 1986 con il titolo  Pronatalist Policies for Low Fertility Countries,  poneva queste stesse domande in modo innovativo. Cercando di tenersi ugualmente distanti dai pericoli di un certo radicalismo utopico e di un assistenzialismo estremo, Demeny mette sul tavolo quattro proposte radicali, che vanno oltre l'approccio di mera riduzione del costo della procreazione e riportano la famiglia al centro della questione. questione della nascita, il cui ruolo sociale deve essere recuperato con forza dopo decenni di emarginazione. Solo famiglie forti e stabili – secondo Demeny – sono in grado di invertire le tendenze demografiche negative che travolgono l’intero mondo sviluppato.

Una prima proposta, che certamente ha risonanza anche nel dibattito sull’Opzione  Donna  alla Nadef presentato nei giorni scorsi, è quella di parametrare le future prestazioni pensionistiche alle attuali scelte di fertilità. Nella letteratura scientifica è stata spesso studiata la connessione tra l’adozione di un sistema pensionistico universale e la riduzione dei tassi di fecondità. La tesi di fondo è che senza sistema pensionistico i lavoratori generano figli anche come forma di autoassicurazione per i tempi in cui non potranno più lavorare, mentre in presenza di una pensione universale a ripartizione sistema, come quello italiano, i figli generati oggi saranno i contribuenti che pagheranno le pensioni di domani anche a chi decide di non avere figli oggi. In breve, gli economisti parlerebbero di futuri benefici pensionistici pubblici e non escludibili a fronte dei costi per crescere i figli che rimangono privati; da qui il problema della sottoproduzione tipico dei beni pubblici.

L’idea di Demeny di ancorare i futuri benefici pensionistici alle attuali scelte di fertilità riallineerebbe i costi attuali con i benefici futuri e, quindi, indurrebbe scelte di fertilità ottimali. Come già accennato, la proposta di Demeny ha già avuto qualche flebile eco nelle scelte pubbliche. Pensiamo alla recente discussione sulla possibilità di ridurre i requisiti pensionistici per le donne che hanno avuto figli, prevista da  Opzione Donna. Rispetto a questa iniziativa, l'intuizione di Demeny suggerisce di non guardare alle scelte di fertilità passate, che non possono più essere influenzate, ma a quelle future, in vista delle future pensioni. Inoltre, le scelte di fertilità riguardano entrambi i genitori, pertanto l'incentivo dovrebbe essere offerto a entrambi, in cambio di un impegno duraturo nel tempo rispetto alla crescita dei figli. Questa prospettiva salva le finanze pubbliche nell’immediato futuro, perché non è necessario spendere incentivi, perché se l’incentivo è efficace, una maggiore fecondità consentirà di sostenere il sistema pensionistico.

Un'altra proposta per cui è diventato famoso l'articolo di Demeny riguarda l'idea di rendere il suffragio veramente universale, estendendo il voto a quella parte importante della popolazione che ancora ne è priva. “Avvenire” si è già occupato dell'argomento in diverse occasioni. La proposta è quella di introdurre il voto fiduciario dei figli, esercitato tramite i genitori fino a quando i figli non raggiungano l'età in cui possono esprimere direttamente il proprio voto (18 anni o meno). Questo meccanismo rafforzerebbe il ruolo delle famiglie e delle generazioni future nel sistema delle decisioni politiche e nella conseguente allocazione delle risorse pubbliche, che come sappiamo è prevalentemente concentrata sugli interessi delle generazioni più anziane (pensioni e sanità). Per garantire un futuro sostenibile, è fondamentale rendere il sistema politico più sensibile e sensibile agli interessi delle generazioni più giovani. Del voto Demeny – per la verità ne aveva parlato già Antonio Rosmini a metà Ottocento – si parla attualmente solo a livello accademico in paesi dalla demografia preoccupante come Italia, Giappone e Germania. Sarebbe utile testarne l’efficacia in alcuni contesti decisionali minori (amministrazioni locali, parrocchie o altri organi decisionali collettivi rilevanti per la vita delle famiglie), per poterne misurare l’efficacia nel riorientare le politiche pubbliche.

Un’ulteriore proposta radicale, volta a promuovere l’uguaglianza di genere e a rafforzare la sicurezza economica e lo status delle donne all’interno delle famiglie, riguarda l’incorporazione della famiglia. Incorporare la famiglia per Demeny significa considerare la famiglia come un'unità economica interconnessa, simile a un'azienda, in cui i ricavi (stipendi, rendite, pensioni) sono considerati una risorsa posseduta dalla famiglia stessa e non dai singoli coniugi. In Italia il regime patrimoniale della comunione dei beni è già previsto, ma è facoltativo e riguarda solo i beni acquistati dai coniugi insieme o individualmente durante il matrimonio. La proposta di Demeny estende il regime di comunione anche ai redditi, con l'idea che questa profonda condivisione delle risorse rafforzi in particolare la posizione delle donne, che tipicamente soffrono ancora di un divario salariale, e permetta alle potenziali madri di affrontare con più serenità i rischi legati a specifici investimenti nella maternità. 

Infine, l'ultima delle idee “dirompenti” di Demeny riguarda il rafforzamento della responsabilità e dell'autorità dei genitori attraverso l'introduzione di voucher educativi. Demeny ritiene infatti che lo Stato “bambinaia”, che ha l’ambizione di sostituire completamente le funzioni genitoriali – comprese quelle educative – abbia finito per rendere superflua la necessità e l’ambizione di costruire una famiglia. Per contrastare questa tendenza, potrebbe quindi essere auspicabile rafforzare la responsabilità e l’autorità dei genitori sull’istruzione dei propri figli attraverso l’implementazione di voucher, che promuovono la competizione tra istituzioni educative e restituiscono il controllo sull’istruzione dei propri figli ai genitori stessi, oltre a promuovere un miglioramento generale della qualità dell’istruzione e dell’ambiente educativo.

Naturalmente, ciascuna di queste quattro proposte è a suo modo impegnativa e richiede un ampio dibattito politico, anche perché le implicazioni giuridiche sono profonde, toccando anche la stessa Costituzione. Tempi difficili, però, richiedono proposte radicali e le sfide che l’inverno demografico pone al Paese non possono essere affrontate con le consuete e collaudate politiche, basate su incentivi economici volti a compensare il mero costo della procreazione. Il merito delle proposte di Demeny, lanciate quasi quarant'anni fa, è che indicano la strada in salita da percorrere.

Data di pubblicazione
22/10/2023
Politiche familiari
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Pubblicato il: Domenica, 22 Ottobre 2023 - Ultima modifica: Sabato, 16 Marzo 2024

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